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Amare diventa troppo quando supera i confini dell’amore per noi stessə e diventa uno strumento di negazione che ci allontana dalla crescita personale. È il prodotto della cultura maschilista che fa da specchio alla mascolinità tossica.
Ho questo libro nella libreria da due anni. È stato un dei primi ad essere consigliato dalla master coach Francesca Zampone di Accademia della Felicità e lo comprai immediatamente.
Confesso che trattando di dinamiche del femminile e avendo letto già altri testi a riguardo, pensavo non avesse nulla da aggiungere sul tema. Mi sbagliavo.
Una recente riflessione avvenuta durante una sessione mi ha richiamato alla lettura di questo testo. E menomale. Affronta la dinamica relazione in un modo cristallino, parlando universalmente di storie di donne e di uomini, che hanno risuonato come un coro di campane tibetane risvegliando esperienze personali sepolte da tempo.
Questo libro è una chiamata al risveglio. Che parte dalle catene della dipendenza affettiva per arrivare alla libertà dell’amore per se stessə.
Amare troppo innesca la relazione disfunzionale.
Con “donne che amano troppo”, la Norwood definisce una dinamica relazionale tipica della cultura occidentale in cui la donna attrae in relazione un uomo non disponibile affettivamente, con il proposito di cambiarlo. L’amare diventa troppo perché diventa una dipendenza affettiva.
Il focus è sulla relazione cioè alla dinamica tra i due partner. L’autrice responsabilizza il femminile come parte attiva della relazione pur empatizzando con le condizioni che l’hanno portata lì, ma mai considerandola come vittima e non colpevolizza il maschile, tendenza frequente in molte trattazioni sull’argomento.
Uno stereotipo culturale.
Il libro mostra come l’amare troppo sia incoraggiato nelle donne e dalle stesse donne, come sia considerato normale che la donna si faccia carico quasi unilateralmente della relazione con la conseguenza di sacrificare i propri bisogni, ambizioni e talenti.
Siamo difronte ad una convinzione limitante, quella che la relazione ci debba cambiare. Il che implica che da solə non siamo abbastanza, siamo sbagliatə, stortə, da aggiustare e che la relazione è la soluzione.
Ma la relazione intima è uno specchio della relazione con noi stessə, se non crediamo nel nostro valore, se non ci occupiamo dei nostri bisogni vitali saremo attratti verso un partner con l’illusione di completarci ma che finirà con il farci vivere l’inadeguatezza, l’impotenza e la frustrazione che abbiamo cercato di scacciare proprio entrando in relazione.
Nel libro come archetipo di questo stereotipo si utilizza la fiaba della bella e la bestia in cui la protagonista sacrifica la sua vita per salvare un altro uomo (non a caso, il padre) per legarsi ad un uomo nel suo aspetto più impulsivo e distruttivo: quello della bestia. Ad un primo livello di lettura la fiaba sembra rafforzare lo stereotipo: se la donna si sacrifica può convertire la bestia in un principe.
Ad una lettura spirituale invece la fiaba descrive l’aspetto trasformativo della relazione d’amore, che avviene attraverso l’accettazione dell’altro così com’è. La svolta della storia avviene quando entrambi i protagonisti si spogliano dei loro ruoli, del carnefice e la vittima, quando la Bestia fa un gesto di amore disinteressato (rischia la vita per proteggerla mentre lei sta fuggendo, malgrado questo significhi concederle la libertà) e lei accoglie questo gesto soccorrendolo, rinunciando così alla possibilità di fuga. Da questo momento si inizieranno a conoscere profondamente andando oltre le reciproche apparenze.
Cercare di cambiare l’altro non è amore, è un atto egoistico e strumentale: egoistico perché crediamo che in quel modo raggiungeremo la felicità ponendo fine al nostro vuoto interiore. Strumentale perché il partner diventa un oggetto, il mezzo per il nostro scopo. Invece, solo investendo le energie sul cambiare noi stessi, possiamo smettere di colpevolizzare l’altro per le nostre mancanze e vederlo nella sua individualità.
Il cambiamento parte dalla condivisione della propria storia.
La struttura narrativa del libro si regge sulle numerose storie di donne che amano troppo, in cui è facile trovare quelle in cui riconoscersi.
Grazie a questi esempi si comprende efficacemente come le dinamiche relazionali vissute con i nostri genitori si radicano inconsapevolmente manifestandosi come automatismi nei comportamenti. Facciamo di tutto per fuggire all’infelicità e la sofferenza cha abbiamo vissuto ma in realtà sono lo standard che continuiamo a ricreare.
Solo condividendo la nostra storia, confrontandoci con persone che hanno vissuto storie simili possiamo lasciar andare il passato e trarre forza per cambiare il presente.
La negazione come blocco al cambiamento.
Punto notevole del libro è la chiarezza con cui viene descritto il meccanismo su cui si regge l’amare troppo: quello della negazione attraverso il controllo. L’illusione di cambiare il partner allontana il focus da noi stessə, negando la nostra parte di responsabilità costruendo una realtà alternativa fatta di scuse e di rabbia.
Così la negazione diventa il blocco al nostro cambiamento, alla possibilità di entrare in una relazione equilibrata in cui i ruoli siano per lo meno dinamici.
Per smettere di amare troppo, la chiave è proprio smettere di negare che vada tutto bene, che il problema sia il partner e di vederci come vittime. Smettere di sentirci responsabili per i comportamenti del partner e assumerci la nostra parte di responsabilità. Prendere consapevolezza che i comportamenti che stiamo realizzando per cercare di cambiare un partner no adeguato a noi ha creato un problema più grande.
Continuiamo a evitare di cambiare perché ci siamo abituati a vivere in questo modo, ma è un’abitudine e le abitudini si possono cambiare.
Cambiare se stessə invece di cercare di cambiare il partner.
Cambiare la relazione con noi stessə è un percorso individuale che si innesca normalmente quando sentiamo di aver toccato il fondo ed entriamo in crisi. Ma le rivoluzioni nascono dalle crisi. Decidiamo di lasciar cadere il velo della negazione e ammettere di avere noi un problema. Assumerci la responsabilità per la vita e la relazione che abbiamo creato. Dirottare le energie da cercare di cambiare il partner a cambiare noi stessə. Chiedere aiuto a chi possa comprenderci e sostenerci ed avanzare coraggiosamente fuori dalle abitudini per crearne di nuove in sintonia con chi siamo oggi.
Consigliato se…
- In relazione tendi ad abbandonare amicizie, interessi, tempo per il “benessere” della relazione
- Ti senti in credito rispetto agli altri, ti spendi tanto ma non ti viene riconosciuto
- Ti arrabbi per il comportamento degli altri quando questo non va secondo le tue aspettative, cosa che accade quasi sempre
- Ti trovi spesso nel ruolo di dare consigli, suggerimenti, indicazioni anche quando non richieste
- Ti ritrovi nel ruolo di “vittima del narcisista”