Storia di Coaching: Fabio e il capo disorganizzato

da | Set 15, 2023 | Relazioni

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Molto spesso la relazione con il capo è conflittuale. Sia perché è una relazione significativa, e siamo poco educati a relazionarci in maniera consapevole. Sia perché la cultura aziendale tende a proteggere la figura del capo. In questo articolo troverai un esempio pratico di come il coaching può aiutare.

Fabio gestisce un team del servizio clienti di una compagnia di assicurazioni. Ha uno stile manageriale empatico e trasparente. Sebbene la gestione delle lamentele dei clienti sia stressante, lavora con lentezza, cura e organizzazione. Ama trovare una soluzione per il cliente mentre è meno interessato agli obiettivi numerici di prestazione. Tuttavia ricerca costantemente l’approvazione del suo capo e va in ansia quando non la ottiene.

Il suo capo Maurizio è il responsabile d’area. È ambizioso e non si ferma davanti a nulla, lavora a ritmi serrati e sembra che per lui non esista riposo. Crede che accettare ogni richiesta dei dirigenti evitando la critica sia il modo per fare carriera. Di conseguenza propone continuamente nuove idee e iniziative per mettersi in mostra, cambia progetti in corso, organizza riunioni improvvise, sposta appuntamenti senza curarsi dell’impatto organizzativo sui team che tratta come un prolungamento di se stesso.

La relazione tra Fabio e Maurizio è conflittuale. Maurizio riconosce a Fabio professionalità ma trova il suo stile lento e poco produttivo. Fabio riconosce a Maurizio carisma ma è esasperato dalla confusione crea e dalla pressione costante, si aspetta di essere riconosciuto per la qualità che mette sul lavoro ma riceve puntualmente critiche.

In uno dei nostri incontri, Fabio è arrivato molto scosso a seguito di una discussione accesa con Maurizio, innescata da un episodio banale come l’ennesimo cambio di agenda all’ultimo minuto in un periodo intenso per il servizio clienti.

Fabio non si capacita di come una cosa tanto banale come gestire un’agenda non venga compresa da Maurizio e si sente mancato di rispetto e intrappolato in una dinamica che dura da tempo e inizia a temere di perdere il lavoro.

Nelle parole di Fabio colgo immediatamente un’incongruenza: sul piano del ragionamento le motivazioni per essere esasperato della situazione ci sono, ma sul piano emotivo le motivazioni sono troppo personali. Inoltre osservo che sul piano del fare non c’è nulla. Non un’iniziativa, una proposta, un’azione. C’è solo il giudizio che il comportamento di Maurizio sia sbagliato (e quindi che il suo è giusto) e che debba cambiare.

Come mai due professionisti con esperienza seguono a scontrarsi sullo stesso problema apparentemente banale come organizzare l’agenda, senza riuscire a trovare una soluzione soddisfacente per entrambi?

Il gioco interiore nelle relazioni.

Questo accade perché sia Fabio che Maurizio ignorano che la vera partita è un’altra. Nelle relazioni entrano in gioco il piano  esteriore e interiore. E i giocatori in campo non sono gli stessi.

Nel gioco esteriore il rapporto è quello tra due adulti, le regole sono definite dal ruolo sociale, in questo caso capo-collaboratore. Qui ciascuno è consapevole delle proprie necessità profonde, rispetta i confini reciproci, comunica con chiarezza. È un piano solare fatto di empatia, ascolto e pragmaticità. Non esistono ragione o torto. È il piano dove i conflitti si risolvono.

Nel gioco interiore i ruoli appartengono a personaggii che si sono formati nel passato: un genitore o un bambino. Si passa su un piano lunare fatto di risentimenti, accuse, critiche e giudizi. Ciascun personaggio nutre aspettative verso l’altro e ne invade i confini. È il piano in cui nascono i conflitti, in cui si vince o si perde.

Il gioco interiore si attiva ogni qual volta la situazione tocca la nostra vulnerabilità. È qui che entrano in azione i personaggi interiori e la situazione perde le coordinate della realtà.

Il disordine, la velocità, la mancanza di attenzione attivano in Fabio un personaggio-bambino che ha vissuto esperienze in cui veniva continuamente messo da parte, in cui le sue priorità non erano importanti, in cui si sentiva trascurato. Il suo bisogno smette di essere lavorativo per diventare un bisogno di attenzione.

Maurizio invece, deduco dai racconti di Fabio, ha vissuto in contesti richiedenti, poco empatici rispetto ai sentimenti in cui l’importante era performare, doveva essere il migliore. Le richieste di rallentare di Fabio arrivano il personaggio-genitore che reprime le sue richieste in quanto per lui fermarsi è una minaccia.

Sono questi due personaggi ad entrare in conflitto, non di certo il capo e il collaboratore. 

Finché il gioco interiore resterà inconsapevole, il conflitto continuerà ad autoalimentarsi fino a un punto di rottura. O Fabio cambierà lavoro o verrà licenziato.

La causa del conflitto per Fabio è l’attesa di riconoscimento che viene sistematicamente delusa. La chiave per risolverlo è quello di prendere consapevolezza del gioco interiore e agire su quello esteriore.

L’allenamento di Fabio.

Consisterà di 4 step

1. Osservare. Fare conoscenza con il personaggio-bambino, visualizzarlo, riconoscere quando si attiva, rivivere le sensazioni spiacevoli che rievoca. Lo scopo è quello di disidintificarsi da lui.

2. Prendere l’iniziativa. Gli chiederò di identificare un’attività significativa, solo una, sulla quale la disorganizzazione di Maurizio ha maggiore impatto e quantificare gli impatti negativi del comportamento di Maurizio sulla produttività.

3. Definire un patto inviolabile che qualsiasi cosa accada nelle ore dedicate a quello non modificherà piani, non verrà disturbato, ecc…

4. Stimare dei target di produttività nel periodo in cui la regola inviolabile durerà.

In questo modo Fabio risolverà il conflitto generando soddisfazione per entrambi. Asseconderà la sua esigenza sulla qualità del servizio, rispondendo allo stesso tempo alla richiesta di Maurizio di aumentare la produttività. 

Una volta sperimentato questo piano verrà naturale estendere l’approccio progressivamente alla maggior parte delle attività cambiando radicalmente il modo di lavorare.

È importante osservare che abbiamo lavorato sulla risoluzione del conflitto dalla parte di Fabio. Non è in nostro potere lavorare su Maurizio non è quello lo scopo. Ne ci interessa capire come è se Maurizio lavorerà sul proprio gioco interiore. Quello che sappia amo è che Fabio abbia imparato a rispettare i confini della relazione, ad assumersi la propria parte di responsabilità e soprattutto che il suo personaggio-bambino non cada più nella trappola conflittuale con il Mauro-genitore.

🚀 Allenamento per te.

Riporta alla memoria una situazione conflittuale in cui l’emotività ha preso il sopravvento, in cui hai agito in una maniera che ti sembra assurda a mente fredda. Connettiti con le emozioni di quel momento. Quale situazione del tuo passato rivivi? Qual è l’immagine con cui ti vedi in quel momento? Chi è quel personaggio? Descrivine le fattezze, l’età, il suo carattere, la sua storia. Quando si è formato? Che cosa reclama? Che funzione svolge? In quale altro modo può assolvere alla sua funzione?

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